AutoreSara Pontecorvo Archivi
Settembre 2020
Categorie
Tutto
|
Back to Blog
Come si differenziano e come riconoscerleBuongiorno cari lettori,
entriamo nuovamente nel tema della maternità e vediamo insieme alcuni aspetti legati al periodo del post-partum che penso sia importante conoscere per poterli eventualmente ri-conoscere e procedere con un aiuto. Sto parlando della depressione post-partum e del Maternity Blues. Prima che vi spieghi le differenze tra i due, vorrei comunque rasserenarvi sul fatto che molte mamme al termine del periodo della gravidanza e dopo il parto, si trovano in una condizione di maggiore fragilità fisica e emotiva. Alle prese con nuove responsabilità e con la gestione di un nuovo nato mentre ancora stanno cercando di riprendere contatto con il proprio corpo dolente dal parto. In questo è da considerare anche l’allattamento che, sia che si allatti naturalmente sia che lo si faccia con il latte artificiale può portare talvolta a dubbi, sensi di colpa e difficoltà. Non è per tutti uguale, ogni mamma è diversa, così come è diversa ogni maternità anche della stessa mamma, ma chiaramente non possiamo trascurare il peso che questi fattori giocano soprattutto nel post parto dove la mamma impara gradualmente dei nuovi ritmi con il proprio piccolo, con sé stessa e con chi le sta intorno. Cos’è il maternity blues e come riconoscerlo? Il maternity blues (o baby blues o blues del post-parto) è fisiologico e può comparire entro i primi cinque giorni dal parto. Solitamente il suo decorso è transitorio e la situazione tende a rientrare entro una decina di giorni. In questo periodo la mamma può iniziare a sentirsi triste, avere delle crisi di pianto, sentirsi irritabile, soffrire di ansia, insonnia e percepirsi inadeguata rispetto alle proprie capacità di essere mamma. Solitamente questa condizione non impatta però sulle reali capacità di essere una brava mamma, però è importante in questo periodo stare vicino alla mamma, sostenerla nel suo nuovo ruolo, darle la possibilità di esprimere quello che prova nel e nel male senza giudicarla. È importante anche tenere sotto controllo l’evolversi della situazione che in alcuni casi può diventare una depressione post-partum. Cos’è la depressione post-partum e come riconoscerla? La depressione post-partum invece è una condizione grave che compromette il funzionamento della mamma di prendersi cura di sé stessa e anche del proprio bambino. È importante che venga riconosciuta e curata tempestivamente. I sintomi possono presentarsi a distanza di quattro-sei settimane dopo il parto e posso protrarsi per almeno. La mamma può percepirsi depressa per la maggior parte del tempo, avere modificazioni nell’appetito e nell’assunzione di cibo, può perdere piacere e interesse (anche verso il bambino), vi sono modificazioni nel sonno, irritabilità, agitazione o rallentamento psicomotorio, possono esserci confusione e disorientamento, faticabilità o mancanza di energia per la gran parte del tempo, pensieri. Come aiutare una mamma che non sta bene? In questi casi è fondamentale rivolgersi a un esperto. È importantissimo anche creare una rete di sostegno. Non lasciatela sola in questo momento difficile. La depressione non si cura da sola e non è una malattia da sottovalutare. A presto! Dott.ssa Sara Pontecorvo
0 Commenti
read more
Back to Blog
Solitamente tutte le coppie, al di là che abbiano deciso di avere un figlio, affrontano dei continui aggiustamenti e delle riorganizzazioni dovute ai cambiamenti che si trovano ad affrontare durante la vita. Queste riorganizzazioni hanno lo scopo di mantenere la stabilità della coppia, ma anche la sua identità, ogni coppia infatti possiede un’identità propria data dall’incontro tra due individui. Cosa succede dunque nella coppia quando nasce un figlio? La coppia deve affrontare in un certo senso un “crisi” che però ha uno scopo evolutivo, è fisiologica e che impone appunto una riorganizzazione identitaria delle coppia e dei singoli partner. Questo significa che la coppia può presentare dei momenti difficili proprio in questo periodo, ma che questi non comportano per forza una rottura o una patologia. Impatto positivo avrà la flessibilità della coppia rispetto al cambiamento e all’inserimento di un terzo. I momenti difficili che la coppia può affrontare possono essere dovuti a una serie di aspetti: 1. Diventare genitori comporta modifiche nella propria identità: “Adesso sono una mamma”, “sono diventato papà”. Frasi che i genitori ripetono spesso con orgoglio, ma a volte anche con una certe diffidenza proprio per la novità e le difficoltà che il nuovo ruolo di genitore comporta. Quando nasce un figlio, nascono infatti anche due genitori. Questo non può che comportare delle modifiche nella nostra identità che deve includere anche “l’essere genitore” e tutto ciò che questo comporta nel bene o nel male. Va da sé che queste modifiche identitarie a volte possono farci sentire spaesati, insicuri e fragili. 2. Diventare genitori comporta il riattivarsi delle rappresentazioni interne dei nostri genitori (cioè come i nostri genitori si sono presi cura di noi). E’ possibile che i forti bisogni di cura e di dipendenza del neonato “riattivino” in ogni membro della coppia le rappresentazioni interne dei propri genitori in cui la persona si riconosce e quindi cerca di ripetere oppure non riconoscersi e dunque prenderne le distanze. La genitorialità può anche comportare un’opportunità per riprendere in mano situazioni problematiche della propria infanzia che possono essere rielaborate grazie al fatto di essere diventati genitori. 3. Diventare genitori comporta l’ingresso nella coppia di un “terzo”. L’ingresso di una terza persona può riattivare vissuti di esclusione, ma ci possono essere anche profondi coinvolgimenti che possono alternarsi nei vari momenti. Il passaggio dall’essere in due all’essere in tre può essere anche visto positivamente qualora i membri della coppia lo considerino come un rafforzamento e una dimostrazione del loro legame e come una conferma delle proprie capacità. 4. Diventare genitori comporta una riorganizzazione delle proprie abitudini La gravidanza, il parto, il post-parto e i primi mesi di vita del bambino mettono a confronto con un senso di perdita temporanea delle proprie abitudini e dei propri ritmi quotidiani che devono essere riadattati (sonno, alimentazione ecc.). Spesso la coppia deve affrontare anche un cambiamento nella sessualità dovuta naturalmente sia ai cambiamenti fisici e ormonali che il parto e il post-parto comporta sia anche a trovare dei momenti specifici per la coppia che è assorbita dalla cura del nuovo nato. Come affrontare dunque questo delicato periodo? È importante costruire gradualmente dei ritmi comuni che consentano a tutti un graduale riadattamento. Cercate dunque di essere flessibili l’uno verso l’altra e con il neonato. Venitevi incontro e supportatevi. Utilizzate le risorse che arrivano dall’ambiente per quanto possibile (nonni, zii, amici ecc.), che possono essere non solo un supporto concreto, ma anche un aiuto per sé stessi. Qui sotto troverete il video che ho girato per il Gruppo Supermamme di Sesto San Giovanni in collaborazione con OsteopaticaMente Sperando di essere stata utile, alla prossima! Dott.ssa Sara Pontecorvo
Back to Blog
Essere una brava mamma11/4/2020 Ansie e dubbiCari lettori, ben ritrovati . Oggi vorrei parlarvi di una questione che tocca molto le mamme e le future mamme: “SARO’ UNA BRAVA MAMMA?” Come ben sapete, già durante la gravidanza, ma soprattutto quando nascono i nostri figli, possono sorgere dentro di noi preoccupazioni e dubbi. Quando una mamma torna a casa dall’ospedale, ha una preoccupazione schiacciante: “Sarò capace di crescerlo?”. Dunque possiamo diventare ipervigilanti, ansiose e con un pensiero catastrofico. Nelle prime fasi può capitare di alzarsi di notte per controllare se il vostro bimbo respira, di aver paura che possa soffocarsi se dorme insieme a voi, di aver paura che possa cadere e farsi male e molto altro…"Ma cosa mi sta succedendo?" Voglio tranquillizzarvi, è un qualcosa che succede. Possiamo considerare queste paure come una “forza costruttiva” che attesta le vostre capacità di cura e il vostro essere pienamente entrate nel ruolo di mamma, chiaramente queste paure però solitamente non arrivano a un punto tale da impedirvi di vivere le vostre giornate e di godervi il vostro piccolo. Daniel Stern, psicologo che si è occupato della relazione mamma-bambino, parla di “Costellazione Materna” che possiamo riassumere con “Io diventerò/sono mamma e mio figlio verrà/viene prima di tutto”. Si tratta di una particolare e unica condizione nella vita che caratterizza la maternità. Questa ci modifica internamente, sposta i nostri interessi e i nostri obiettivi sul piccolo, sulla cura, sull’amore verso i nostri figli, cambiano anche i nostri gusti, le persone che frequentiamo (per esempio, siamo più propense a stare con altre mamme che possono comprendere e condividere la nostra esperienza) e ci riempie anche di paure nuove, sconosciute. E’ innegabile che la maternità ci cambia e ci mostra un nuovo affascinante e complesso mondo, quello di essere genitori. Vi dico questo un po’ per tranquillizzarvi rispetto a tutte le paure che possono farsi sentire in modo preponderante quando il vostro viaggio come genitori è appena iniziato, ma ci saranno anche dopo, in maniera diversa, perché non si smette mai di essere genitori e di volere il meglio per i propri figli e di preoccuparsi per loro. Quando i figli sono più grandicelli, per esempio, una preoccupazione può essere legata ai comportamenti del bambino che ci appaiono come un riflesso delle nostre capacità di essere brave mamme e le fanno vacillare: “Mio figlio fa i capricci, mi dice che sono cattiva, io ci ho messo anima e corpo eppure mi dice così, perché?” “Perché fa sempre i capricci?” “Forse non sono una brava mamma”. No! Siete brave mamme perché sapete dare dei limiti ai vostri piccoli, i limiti servono per crescere, l’importante è che spiegate sempre quello che state facendo, anche se sono piccoli. I bimbi spesso fanno i capricci e sono oppositivi perché stanno imparando a modulare le loro emozioni e la frustrazione e i “no” sono molto più difficili da tollerare e da gestire, inoltre l’essere “oppositivi” (penso alla tipica fase del “No”) è un modo che loro hanno per cominciare a esistere come persone separate e esprimere i loro bisogni. È difficile da tollerare lo capisco, ma vedrete i risultati in un secondo tempo. Un’altra preoccupazione tipica è: “Mi sento in colpa se penso a me stessa”. Ma anche qui voglio rasserenarvi e darvi uno spunto di riflessione. Se le cure verso i vostri figli vi rendono nervose e stanche, ma vi sentite in colpa a lasciarlo ad altre persone anche per qualche ora, pensate invece al beneficio che i vostri figli possono trarre da un’interazione con una mamma più rilassata e serena. In aggiunta, il bimbo ha bisogno di fare esperienze anche con altre persone, papà, nonni, ecc., queste sono arricchenti e gli consentono di svilupparsi meglio, ad ogni età. E arriviamo infine all’ultimo punto: “Come faccio a sapere se quello che sto facendo è giusto o no? Donald Winnicott, un grande psicoanalista che si è occupato di bambini e delle loro mamme, parla di “mamma sufficientemente buona”, cosa significa? Che noi mamme non dobbiamo essere perfette per i nostri figli, dobbiamo essere noi stesse, e possiamo sbagliare. Accogliamo i loro bisogni e li nutriamo, ma non siamo onnipotenti. Una mamma che non sbaglia è una mamma che sta fingendo e se ben ci pensate, anche nelle relazioni sono le esperienze vere e le esperienze “riparative” a essere una grande fonte di crescita personale. Siate quindi serene nelle vostre capacità di essere buone mamme e se sentite che proprio non ce la fate, ricordatevi sempre di non isolarvi e chiedere aiuto. A presto! . Sara Pontecorvo Qui sotto troverete il video che ho girato per il gruppo Supermamme di Sesto San Giovanni in collaborazione con Osteopaticamente.
Back to Blog
ESSERE GENITORI SINGLE9/4/2020 Come gestire tutto da soli?Cari lettori, dopo aver affrontato il tema della convivenza in famiglia non potevo trascurare chi invece per diversi motivi si ritrova ad affrontare il difficile compito genitoriale da solo. Nel precedente articolo e anche in un video sul mio canale Youtube (Sara Pontecorvo Psicologa), suggerivo appunto di diminuire il sovraccarico derivante dalle proprie giornate e dalle proprie responsabilità suddividendosi il carico con il proprio partner, di ritagliare del tempo per sé, ma chiaramente questo non è proprio così semplice quando non si ha scelta e bisogna occuparsi per forza di tutto da soli. Essere genitori è bello, ma da soli comporta il doppio del carico e spesso vi è una limitazione importante delle vostre attività e chiaramente può pesare, farvi sentire scoraggiati, soli e può impattare negativamente anche sul modo in cui vivete la relazione con i vostri figli. Come fare dunque? Qualche piccola soluzione per alleggerire le vostre giornate almeno un po' potrebbe esserci, di seguito ve ne proporrò qualcuna. 1. STABILIRE UN PROGRAMMA, SEGUIRE UNA ROUTINE. L'idea che vi propongo è quella di creare una specie di tabella di marcia che vi aiuti a rappresentarvi mentalmente le vostre attività, però mi raccomando, non inserite nella vostra tabella solo i doveri, ma anche i piaceri che possono consistere in un gioco fatto con i vostri figli, un momento di riposo, in un momento tutto per sé, ecc. Perché vi suggerisco questo? Perché avere una routine aiuta, fornisce sicurezza e questo non solo per i bambini, ma anche per gli adulti che rischiano di sentirsi sovrastati da tutto quello che c'è da fare. Avere dei ritmi scanditi, senza forzature e lasciando spazio per la flessibilità consente di trarne dei benefici (per esempio, se nel pomeriggio i vostri figli acquisiscono la routine del pisolino, quello può diventare un momento tutto per voi, la casa la sistemerete in un altro momento). 2. COINVOLGERE I VOSTRI FIGLI A seconda delle età i vostri figli possono essere coinvolti in numerose attività. La rete fornisce davvero molte indicazioni da questo punto di vista, ma lasciatevi anche guidare dal vostro istinto e dalla vostra fantasia, in fondo i vostri figli sono unici e siete voi a conoscerli meglio di tutti. Per quanto riguarda i figli adolescenti, chiaramente possono essere coinvolti molto di più nelle mansioni domestiche. L'importante è attuare una mediazione. Anche con loro aiuta stabilire a priori momenti specifici in cui per esempio possono sistemare la camera, apparecchiare la tavola, far andare la lavatrice ecc. 3. SCARICARE LA TENSIONE ACCUMULATA Dunque, in questo periodo di quarantena, visto che non è possibile accedere agli aiuti esterni che invece solitamente potrebbero alleggerire il carico, è più che vitale utilizzare i momenti in cui i figli stanno dormendo o stanno facendo altro per stare un po' con se stessi, riposare e fare qualcosa che vi piace. Respirate lentamente e profondamente e spostate la mente su qualcosa di bello per voi. 4. CHIEDERE AIUTO Quando diventa veramente troppo, ci si sente soli, scoraggiati, stanchi è tristi non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. E' importante crearsi una rete di sostegno esterna (genitori, amici, vicini di casa, negozianti, associazioni ecc) che vi sostenga. E poi consultatevi con un esperto del settore che sentite possa fare al caso vostro. Saprà ascoltarvi e magari dirvi cose che non avevate ancora pensato. Quali sono le vostre esperienze? Quali soluzioni avete trovato? Scrivetemi pure al mio indirizzo e-mail: [email protected], sarò felice di leggerle. Alla prossima! Dott.ssa Sara Pontecorvo Qui potete trovare il video che ho girato per il gruppo SuperMamme di Sesto San Giovanni: |